SALTO – Cosa c’è dentro un salto? Un mondo!
Teatro per ragazzi dagli 8 ai 99 anni
SINOSSI
Darsi la giusta spinta, perdere ogni contatto con il suolo, anche solo per un istante in cui si vola e
poi tornare giù. Può sembrare facile e bello, ma non sempre lo è. Un salto per scoprire il mondo
interiore di un bambino. Un salto come metafora di crescita e di vita.
Lo sguardo psicomotorio entra in teatro con questo spettacolo che parlando di un salto ci porta in
contatto con tante storie e forse in ognuna di loro è possibile trovare un po’ di sé stessi.
PREMESSA dell’autrice:
Mi occupo da tempo di danza e teatro. In campo artistico come danzatrice, coreografa e regista. In
campo educativo come responsabile di progetti scolastici. Sono anche psicomotricista e formatrice
in psicomotricità e negli anni è stato naturale integrare la mia visione artistica con quella educativa
e psicomotoria. SALTO è uno spettacolo che ho pensato in modo specifico per la scuola in senso
ampio, fatta di bambini e ragazzi, docenti, educatori e operatori, famiglie. L’ho pensato tenendo
insieme tutti i miei mondi: danza, teatro, educazione, psicomotricità. Con l’intento di veicolare uno
dei messaggi fondamentali della psicomotricità. E cioè che il corpo e il movimento sono portatori di
emozioni.
COSA
Il salto
Come psicomotricista il salto posso definirlo una sorta di cult. Una prova emblematica e
rappresentativa dello sviluppo del bambino dal punto di vista psicomotorio. Un momento carico di
emozioni, a volte amato e reclamato altre temuto ed evitato. Quanti ne abbiamo visti, quanti
abbiamo aiutato a farne di salti? Credo che ogni psicomotricista ne collezioni un numero infinito. Mi
chiedo anche quanti salti abbiamo negato, non compreso, non visto. Ho pensato di usare il salto
come “una parte per il tutto”, un micro – mondo da analizzare per
comprendere un macro – mondo. Il mio polo di attenzione e orientamento per elaborare un
racconto che parlando del salto riuscisse a restituire un senso globale della visione psicomotoria
sul bambino. Il salto funge quindi da espediente per articolare una riflessione e una scoperta sul
mondo dei bambini, e non solo, in senso più ampio.
PERCHÉ
Ciò che mi preme e sento come obiettivo sostanziale è quello di contribuire a dare una visione
psicomotoria e ricordare che le emozioni sono una componente fondamentale del movimento che
avviene sempre in un contesto relazionale di cui tenere conto.
COME
Ho scritto un testo partendo dall’analisi descrittiva del salto, riferendomi ad alcune definizioni del
dizionario su cui innestare immagini e contenuti diversi. Si tratta di una parte che vuole essere
giocosa e ironica, una descrizione delle varie forme di salto con collegamenti apparentemente
estemporanei o molto concreti (es. riferimenti a fatti sportivi, azioni quotidiane). L’idea
drammaturgica è di affrontare questa prima parte giocando con un registro documentaristico che
da impostato diviene sempre più ironico e interattivo con il coinvolgimento del pubblico.
La seconda parte muta completamente il suo senso drammaturgico e alterna il punto di vista dei
bambini a quello degli adulti, tenendo sempre aperto il dialogo interattivo con il pubblico. Chi è
scena inizia con il raccontare il salto da un punto di vista psicomotorio utilizzando un linguaggio
semplice che possa essere compreso da tutti, per poi parlare dal punto di vista del bambino per
riportarne l’esperienza e tentare di verbalizzare i possibili vissuti. Per fare questo ho riportato alla
mente tante situazioni vissute in prima persona come psicomotricista legate al salto con la
spalliera.
Le ho rielaborate come testimonianze dirette, come se arrivassero direttamente dalla
voce dei bambini. Ad un certo punto interviene un personaggio, anzi una personificazione
dell’emozione, per parlare in prima persona di sé e dell’effetto che può fare.
Nella fase finale c’è bisogno di raccogliere tutto con una riflessione a voce alta che parla degli
adulti e riporta tutti, piccoli e grandi, sullo stesso piano.
Tutti alle prese con il salto … con le emozioni.